LA STORIA DELL'APERITIVO

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Il Vinum Hippocraticum era un vino bianco dolce con fiori di dittamo e assenzio che il famoso medico Ippocrate, aveva inventato per stimolare la fame nei pazienti inappetenti. Anche i Romani, con il termine di Vinum Absinthiatum, definivano una bevanda simile, a base di assenzio, alla quale aggiungevano anche rosmarino e salvia. In seguito, per tutto il Medioevo, si è seguita la pratica di aromatizzare il vino con sostanze speziate, e questo soprattutto nella farmacologia erboristica dei conventi, che aveva scoperto che si poteva aumentare il senso di fame con l’utilizzo di sostanze amare, in grado di stimolare le papille gustative. L’origine della parola aperitivo, infatti, è proprio il latino “aperire”, a indicare l’apertura del pasto.

Con la nascita di nuove vie commerciali in Europa e verso nuovi continenti, iniziò ad aumentare il numero di spezie da legare all’aperitivo. Sempre con l’intento di stimolare la fame si aggiungevano noce moscata, chiodi di garofano, cannella, rabarbaro, pepe, mirra e altro ancora.

Nel 1796, anni della rivoluzione francese, un distillatore di Torino ebbe l’idea di commercializzare il primo aperitivo destinato al largo consumo. Antonio Benedetto Carpano, nel retrobottega del suo negozio, dà così vita al Vermouth (in tedesco Wermut = assenzio) ottenuto con vino bianco aromatico e alcool, zucchero e assenzio. L’aperitivo diventa così famoso al punto che lo stesso Vittorio Emanuele II decide di promuoverlo come bevanda di corte, battezzandolo Punt e Mès. L’imprenditore torinese in quegli anni servì la nobiltà e borghesia più importante, tra cui si ricordano i nomi di Verdi e Cavour.

A Milano intanto, il signor Ramazzotti, dava vita nel 1815 al primo aperitivo a base non vinosa, con erbe e radici provenienti da tutto il mondo in infusione alcolica. Mentre di li a breve il produttore di vini Martini, in società con il commendator Rossi, fondavano la Martini e Rossi. Una sorte di simile successo avrà anche, nel 1862, il Bitter del signor Campari.

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